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Il Coronavirus è la fine della fine della storia

Il Coronavirus è la fine della fine della storia

DontPanic
Maggio 9, 2020
Idee solidali

Di Lee Jones 

Trad. It. Marco Marrone 

Versione originale apparsa su ‘Tribune’ il 25/03/2020 

https://tribunemag.co.uk/2020/03/coronavirus-is-the-end-of-the-end-of-history

Nel 1989, lo studioso americano Francis Fukuyama dichiarò la fine della storia: il crollo di tutte le alternative esistenti al liberalismo. Tuttavia, è piuttosto quell’ordine, apparentemente inattaccabile, ad essersi sgretolato negli anni e il Coronavirus sembra essere il suo ultimo chiodo nella bara. 

La fine della storia aveva due argomenti fondamentali. Il primo era il mercato come principio organizzativo dominante. Alla concorrenza di mercato, come nel famoso detto di Margaret Tatcher, “non c’è alternativa”. Questo non solo per le aziende, ma anche per i singoli individui, che si affannavano a cercare lavoro e promozione investendo nel proprio “capitale umano”. Così, i servizi pubblici sono stati sempre più privatizzati e commercializzati, mentre tutto, dalla sanità all’istruzione superiore, è stato sottoposto, in nome della “scelta” e dell’efficienza, al principio di concorrenza. 

Il secondo argomento è lo svuotamento di significato della democrazia e l’ascesa dell’idea di Stato regolatore. A seguito di ciò, dalla fine degli anni Ottanta, la partecipazione politica alle democrazie avanzate è crollata e il compromesso di classe siglato nel secondo dopoguerra – che pure aveva migliorato l’accesso al processo decisionale da parte dei sindacati e dei partiti socialdemocratici – venne smantellato dalla nuova destra neoliberista guidata da Thatcher e Reagan. I sindacati sono stati schiacciati, mentre i socialdemocratici si sono inesorabilmente spostati verso destra. Sempre più spesso si sente dire che i politici sono “tutti uguali”, come dei cloni privi di emozioni che fanno da pappagallo a una nuova ortodossia, spingendo le persone sempre più verso il ritiro nella vita privata. Così, anche l’affluenza alle urne è diminuita drasticamente e le élite politiche hanno governato sempre più un vuoto dove una volta si trovava la cittadinanza attiva. Soprattutto in Europa, hanno preso spunto e hanno cercato la legittimazione maggiormente attraverso i rapporti tra loro che con i propri elettori. 

Lo Stato, nel frattempo, fu fondamentalmente trasformato. Il suo scopo fondamentale fu spostato dalla riduzione dello sviluppo disomogeneo e dalla ridistribuzione della ricchezza, alla promozione della competitività globale. I sistemi di “comando e controllo” del dopoguerra, in cui lo Stato interveniva direttamente per perseguire particolari obiettivi sociali ed economici, furono smantellati. Al loro posto sorsero enti e nuovi regolatori indipendenti, isolati dal controllo democratico. Sempre più spesso, soprattutto in Europa, queste agenzie hanno finito per mettersi in rete a livello internazionale, dando vita a un insieme di politiche neoliberali ancora più difficili da cambiare.  

Dopo essere apparso inattaccabile per due decenni, quest’ordine ha cominciato a sgretolarsi con la crisi finanziaria globale del 2008. Come sempre, lo Stato si è mosso per proteggere il capitale con un massiccio salvataggio pubblico, trasformando così una crisi finanziaria determinata dagli istituti di credito in una crisi fiscale sulle spalle dei cittadini. In Europa sono seguite dure politiche di austerità alla quale i partiti socialdemocratici, ormai inesorabilmente corrotti, non hanno dato risposta. Il malcontento è rapidamente aumentato, ma non ha trovato nessuno sbocco politico. Così, Nel 2011 sono scoppiati disordini nelle città britanniche; il movimento Occupy ha ri-politicizzato le questioni economiche; il Movimento delle piazze ha travolto Spagna e Grecia; la primavera araba ha scosso i regimi autoritari del Nord Africa e del Medio Oriente. I partiti populisti hanno ovunque visto crescere i loro consensi. 

In questo scenario, i populisti di sinistra hanno offerto un breve barlume di speranza per alcuni, ma hanno fallito miseramente. Hanno ceduto allo strangolamento monetario dell’Unione Europea in Grecia. Hanno convissuto con screditati partiti centristi in Spagna, Portogallo e Italia. I settantenni Bernie Sanders e Jeremy Corbyn non sono riusciti ad allargare il loro appeal oltre la loro base tradizionale, mentre affrontavano l’incessante auto-sabotaggio dei partiti politici centristi su cui contavano come veicoli di consenso. Soprattutto in Europa, i populisti di sinistra semplicemente non sono stati disposti a rompere radicalmente con lo status quo. La riluttanza di Corbyn ad abbracciare la Brexit – la forma che la rivolta anti-establishment ha assunto in Gran Bretagna – ben simboleggia questo problema.  

La pandemia di coronavirus sta uccidendo l’ordine neoliberale in un modo che la sinistra ridotta non poteva. Il “libero mercato” – che si suppone sia la casa dei titani dell’industria e dei robusti venture capitalists – non riesce a sopravvivere al virus per nemmeno cinque minuti. In questi giorni, gli investitori si dissolvono in isteria, l’irrazionalità fondamentale dei mercati è ormai definitivamente dispiegata, mentre le azioni oscillano selvaggiamente da un’ora all’altra. Persino gli asmatici sembrano mostrare una maggiore determinazione nei confronti del virus. 

Ordine post-neoliberale 

Neanche l’attuale forma di Stato regolatore “svuotato”, però, ha fatto di meglio. Nel nord-est asiatico, dove i legami sociali rimangono più forti e gli Stati si assumono ancora una responsabilità diretta per i risultati economici e sociali, il Covid-19 è stato efficacemente contenuto – almeno per ora. Al contrario, gli Stati europei, post-sovrani, sono stati devastati. Il virus sembra avanzare a velocità doppia sulle società già devastate da un decennio di austerità imposta dall’UE: dal 2011 al 2018, l’UE ha detto agli Stati membri di tagliare la spesa sanitaria o di esternalizzare i servizi ben 63 volte. Il disastro umanitario che si sta verificando nel Nord Italia – dove i redditi sono rimasti stagnanti per 20 anni e le morti per coronavirus superano già quelle della Cina – è piuttosto il frutto della scelta dell’élite politica di abdicare allo storico dovere di garantire sicurezza ai propri cittadini. La Spagna non è molto lontana. La Grecia, il cui sistema sanitario è crollato in mezzo alla crisi sociale causata dall’austerità europea seguirà sicuramente. 

Più di tutte, è però la risposta nel cuore del mondo neoliberale – la Gran Bretagna e gli Stati Uniti – a mostrare nel modo più evidente come l’ordine neoliberale si stia sgretolando in risposta all’emergenza sanitaria pubblica. Nel giro di un mese, entrambi i governi hanno abbandonato politiche che per decenni sono state considerate immutabili adottandone, invece, alcune che avrebbero denunciato come “socialiste” o “comuniste” solo pochi giorni prima.  

In Gran Bretagna, la crisi del Covid-19 è esplosa in maniera più forte a causa del suo sovrapporsi alla trasformazione post-Thatcheriana del Partito conservatore condotta da Boris Johnson. Il falco del deficit, Randian Sajid Javid, è stato estromesso dalla carica di Cancelliere per consentire un bilancio quasi keynesiano comprendente un aumento della spesa pubblica, investimenti in infrastrutture e erogazione monetarie dirette per 30 miliardi di sterline. 

Non sorprende che i ricchi e i benestanti abbiano ricevuto l’aiuto più immediato, con 350 miliardi di sterline in garanzie di prestiti e sovvenzioni per ipoteche e deficit di bilancio. Ma questo è stato rapidamente seguito da un contributo per gli affitti e da una straordinaria promessa di pagare l’80% degli stipendi fino a 2.500 sterline, inizialmente per soli tre mesi, ma alla fine per tutto il tempo necessario, per un totale complessivo di oltre 7 miliardi di sterline in più nella spesa sociale. Il nuovo cancelliere, Rishi Sunak, ha promesso “somme illimitate” di prestiti senza interessi, così come la Banca d’Inghilterra ha promesso quantità illimitate di nuovo denaro. La somma totale promessa è già equivalente al 15% del PIL britannico. Un intervento ancora più poderoso è stato invece annunciato per gli Stati Uniti.  

Poiché l’ortodossia neoliberale viene abbandonata a velocità mozzafiato, le idee di sinistra, precedentemente poco considerate, sono state adottate dai governi di destra. In pochi hanno sentito parlare della Teoria Monetaria Moderna (MMT): l’affermazione che gli Stati sovrani che emettono moneta non sono mai vincolati fiscalmente, ma possono emettere denaro a volontà causando inflazione solo se le capacità produttive della società vengono superate. La MMT, una volta considerata come teoria eretica, è ora di fatto la nuova ortodossia.  

I neoliberali hanno cercato di evitare questo tipo di conclusione sin dallo scoppio crisi finanziaria globale, quando sono state emesse ingenti somme di valuta – eufemisticamente definite “quantitative easing” (QE) – a beneficio delle banche. Parliamo di 4,5 milioni di dollari negli Stati Uniti, oltre 400 miliardi di sterline in Gran Bretagna e 1,1 milioni di euro nella zona euro, senza che però queste abbiamo sortito alcun impatto sull’inflazione. La gente comune ha notato questo “albero magico del denaro” (così fu definito dall’ex primo ministro britannico Theresa May) e ha iniziato a chiedere che fosse scosso per loro “il QE della gente”.  

Ora è stato scosso, ma dalla destra, non dalla sinistra. Infatti, i columnist di destra, come dei Don Chisciotte, accusano il governo di Boris Johnson di “abbracciare immediatamente il socialismo per salvare il libero mercato liberale”, mentre acclamano i centristi, come ad esempio un ministro Tory che ha recente ammesso che finiranno per attuare “la maggior parte del programma di Jeremy Corbyn”. 

Ma da dove vengono tutti i soldi? Dalle tasse? Ovviamente no, visto che le entrate fiscali si stanno fortemente riducendo. I falchi del deficit sono tutti volati via.  Presiti, quindi – ma si tratta di una mera convenzione contabile, sostengono gli aderenti al MMT. Come ha ammesso l’ex presidente della Federal Reserve Ben Bernanke nel 2009, “utilizziamo semplicemente un computer per segnarci le dimensioni del debito”.  

Momento epocale 

Un’altra idea marginale, Il Reddito Universale di Base (RUB) – in cui i governi danno semplicemente denaro a ogni individuo – sta avendo in questi giorni il suo momento di gloria. Fino a qualche mese fa, il RUB era una cosa da sinistroidi, limitato a piccoli esperimenti in paesi periferici come la Finlandia. Ora, persino gli economisti mainstream chiedono un “compenso illimitato” per i salari persi in tutto il mondo. Oltre 170 parlamentari britannici hanno sostenuto l’introduzione del RUB prima della legge Sunak sul sostegno dei redditi che, lungi dall’essere “di base”, arrivano persino a superare il salario mediano. Anche l’amministrazione Trump sembra destinata a “firmare assegni” a centinaia di milioni di americani, seguendo i consigli di noti comunisti come Mitt Romney. Non è il nostro RUB, protesta la sinistra nel frattempo – ma perché dovrebbe esserlo? – La destra però lo sta realizzando. 

Nel frattempo, dato che lo stato di regolamentazione si dimostra inadeguato alla risposta alle crisi, i modelli di governance di comando e controllo sono sempre più improvvisati. I sistemi di sorveglianza e controllo della Cina e della Corea del Sud sono diventati modelli per gli Stati occidentali che stanno affrontando il COVID-19. Le frontiere sono state sigillate, la polizia e gli eserciti sono stati dispiegati, le forze di lavoro sono state mobilitate da un lato, mentre dall’altro sono state attuate misure di blocco. Uno stato britannico poco abituato ad avere una politica industriale significativa, figuriamoci una pianificazione, sta ora istruendo le aziende a produrre 20.000 respiratori in una quindicina di giorni, utilizzando design e componenti locali. La Spagna ha nazionalizzato ospedali privati in una notte.  

Per essere chiari, nulla di tutto ciò suggerisce che queste misure saranno sufficienti o efficaci – molte cose arrivano troppo tardi, e inevitabilmente i nostri servizi sanitari svuotati da anni di neoliberismo saranno sopraffatti. Né significa che molte persone, soprattutto i poveri, non soffriranno: milioni di persone sono già state licenziate mentre altre sono costrette a lavorare in condizioni di insicurezza. Tanto meno significa che i governi di destra hanno improvvisamente trovato il socialismo – a meno che non ammettiamo di trovarci di fronte alla ‘via catastrofica al socialismo’.  

Non è neanche vero che questa trasformazione avviene ovunque allo stesso ritmo. Il marciume mortale dell’integrazione europea è difficile da scrollarsi di dosso. La Banca Centrale Europea, baluardo del neoliberalismo costituzionalizzato dell’Ue, è stata lenta nell’annunciare le misure di QE, con il suo governatore che ha addirittura aggravato l’agonia dell’Italia, implicando che non avrebbe sostenuto i rendimenti obbligazionari di Roma. I governi dell’Ue sono stati più rapidi nell’imporre controlli sociali autoritari che nel rendersi conto che è urgente uno stimolo fiscale, non monetario. Tuttavia, anche l’austero governo tedesco è pronto ad annunciare un pacchetto di salvataggio di 500 miliardi di euro, stracciando le sue “regole fiscali”.  

Stiamo chiaramente vivendo un momento epocale, che spesso porta a paralleli con la seconda guerra mondiale – anche se non è l’assurdo “spirito del blitz” che viene venduto altrove. È stata la Seconda Guerra Mondiale a porre fine alla Grande Depressione, grazie alla mobilitazione e al coordinamento dell’economia da parte dello Stato. In quel periodo storico, le popolazioni devastate vedevano chiaramente attraverso le menzogne del laissez-faire degli anni Trenta: c’era un’alternativa al mercato; lo Stato aveva chiaramente poteri straordinari in grado di soddisfare bisogni e obiettivi collettivi. Non si poteva tornare al “business as usual”. È Da questo riconoscimento che è nato il welfare state del dopoguerra, all’ombra del regime sovietico di Stalin che nel frattempo aveva dimostrato il potere dello Stato in modo cruento. 

Oggi, è la Repubblica Popolare Cinese a gettare quest’ombra. Il regime comunista cinese è autoritario e brutale. Contrariamente agli immaginari occidentali, il suo governo è anche altamente disfunzionale, lacerato dalla concorrenza interna e dalla burocrazia. Entrambi, fattori determinanti nell’impedire il pieno riconoscimento dello scoppio della COVID-19 e della sua gestione. Ciononostante, il regime alla fine è riuscito a contenere il virus, e molti liberali e sinistrorsi occidentali chiedono ora un isolamento in stile cinese. Pechino ha ora una larghezza di banda sufficiente per trainare i governi occidentali e dispensare magnanimamente assistenza agli Stati colpiti come l’Iran e l’Italia – con l’oligarca tecnologico Jack Ma che ha persino inviato aiuti agli Stati Uniti – mentre l’UE respinge le richieste italiane di assistenza e persino arriva a multare Roma per aver speso troppo.  

In questo momento, c’è una diffusa ostilità nei confronti della Cina – che si sta trasformando in xenofobia e persino in spaventosi attacchi razzisti contro le etnie asiatiche, ma potrebbe non durare. La risposta assolutamente ambigua degli Stati Uniti a Covid-19 sarà sempre più in netto contrasto con l’apparente efficienza autoritaria della Cina. E mentre la Cina dispensa aiuti, gli Stati Uniti, nel nome del servire “prima gli americani”, stanno portando via dall’Italia l’attrezzatura per i test e presumibilmente stanno cercando di prendere il controllo di aziende straniere che fanno ricerche sui vaccini. L’era dell’egemonia americana è chiaramente morta e sepolta. Presto, altri governi occidentali si renderanno conto che se non riusciranno a gestire con successo la pandemia saranno confrontati con un regime dispotico, risultando inevitabilmente carenti. Questo è un ennesimo stimolo ad abbandonare il credo neoliberista a qualsiasi costo. 

La sinistra cieca 

Per una sinistra che è diventata sempre più ossessionata dalla “resistenza”, che si oppone istintivamente a qualsiasi cosa faccia la destra, nonostante manchi di un’alternativa, tutto questo è molto disorientante  

Il problema è esemplificato dall’acclamato e critico teorico Giorgio Agamben che foucaultianamente sbraita contro le “frenetiche, irrazionali e assolutamente ingiustificate misure di emergenza adottate per una presunta epidemia” mentre i suoi compatrioti muoiono in massa.  

Anche i commentatori mainstream di sinistra vengono presi alla sprovvista. L’inchiostro si è a malapena asciutto sui loro taccuini che già si precipitano a dire: “bene, ok, il governo ha aiutato x, ma che dire di y?”. La sinistra anti-austerità si è concentrata esclusivamente sulla richiesta di una spesa pubblica più elevata per così tanto tempo che difficilmente sa come rispondere quando la riceve. Nelle elezioni generali britanniche dello scorso dicembre, il partito laburista si è candidato su una piattaforma che prometteva il rispetto delle regole fiscali fatte poi a pezzi dal governo conservatore. Come ha ben detto un Tweet ironico che circola in questi giorni, l’estrema sinistra ha chiesto “un comunismo di lusso completamente automatizzato”, ma Boris Johnson ha fornito “il socialismo di quarantena in un paese”.  

Questo è importante perché il vecchio ordine è morto, ma il nuovo viene forgiato a pezzi, giorno dopo giorno. Le élite dirigenti non sanno come finirà questa crisi, si innovano ogni giorno, inventando di volta in volta. In questo senso, tutto è nell’aria. Il futuro è in palio, nel bene e nel male. 

In una società e in uno Stato disfunzionale come quello degli Stati Uniti, dove il crollo del benessere e della democrazia è stato più profondo, è facile immaginare una traiettoria autoritaria. I ricchi stanno già seminando il panico nelle città. I legami sociali logorati, la profonda povertà e il diffuso possesso di armi da fuoco di molte città americane non si mescolano facilmente con la scarsità di cibo e le misure draconiane di contenimento. Non è fantasioso immaginare gravi disordini sociali che richiederanno ai militari di ristabilire l’ordine. Né è chiaro come le elezioni presidenziali americane si svolgeranno secondo il calendario previsto a dicembre, il presidente Trump si è detto fiducioso che il virus “andrà via” per la fine di Aprile. 

Le misure di emergenza proposte dal governo britannico comportano anche la più grande espansione del potere esecutivo mai realizzata in tempo di pace. I liberali sono comprensibilmente (e giustamente) preoccupati per le libertà civili. Ma la sinistra dovrebbe essere ancora più preoccupata per la democrazia. In Francia, lo stato di emergenza “temporaneo” dichiarato nel 2015 è stato prorogato sei volte, poi la maggior parte delle misure sono state rese permanenti attraverso una nuova legge antiterrorismo. Come dimostra la brutale repressione dei gilet jaunes, ciò ha finito per normalizzare un comportamento dispotico. La sinistra non dovrebbe chiedere un governo nazionale che aiuti a guidare uno Stato autoritario, ma sostenere la necessità di un controllo democratico. 

In effetti, la domanda forse più terribile posta dalla pandemia è: come può funzionare la democrazia se la cittadinanza non può? Un nuovo ordine viene improvvisato soprattutto dai politici di destra, mentre i cittadini sono bloccati in casa, ad accumulare carta igienica e a guardare Netflix. Per arginare la malattia è necessaria la distanza sociale, ma per plasmare il futuro è necessaria un’azione collettiva. La Seconda Guerra Mondiale ha dato vita a un ordine che ha favorito i lavoratori perché questi erano ben organizzati attraverso sindacati e partiti. Oggi, il meglio che i nostri sindacati e i partiti socialdemocratici sembrano sperare è un nuovo corporativismo che viene in realtà creato dalla destra per perseguire i propri scopi.  

Non è nemmeno chiaro se le nostre democrazie rappresentative, ormai svuotate, possono arrivare un giorno a chiedere il conto ai governi. L’Australia ha sospeso le sedute parlamentari fino ad agosto. Il parlamento britannico, già afflitto dal virus, si è disperso per una lunga pausa dopo aver sventolato una legge che concede all’esecutivo poteri “di pace” senza precedenti.  

Sono domande urgenti per la sinistra, per le quali non esistono risposte immediate o facili, ma è chiaro che la democrazia deve essere al centro dell’attenzione. La discussione non sarebbe mai dovuta essere se avere più o meno intervento dello Stato nell’economia, ma in un momento in cui anche questo argomento è stato risolto dalla destra, cosa distingue ora la sinistra? Non può che essere una richiesta di controllo democratico e popolare su quell’intervento, per garantire che sia al servizio degli interessi dei lavoratori, piuttosto che limitarsi a foderare le tasche dei proprietari di capitali e proprietà. Ma perché questo sia significativo è necessario il coinvolgimento attivo del popolo – non la sua rassegnazione passiva alla quarantena perpetua.  

Compiere questo passo è difficile proprio perché la fine della storia ha spento la nostra vita civile e politica, lasciando la maggior parte di noi atomizzata e impaurita già prima che il Covid-19 colpisse. La priorità urgente è quella di assicurare che le funzioni democratiche di base siano mantenute o ripristinate il più presto possibile – per dimostrare che la continuità democratica non è incompatibile con la salute pubblica. 

Il compito più a lungo termine è invece quello di ricostituire un senso di soggettività collettiva oltre questa crisi. In questo senso, un barlume di speranza è dato dalle migliaia di gruppi di mutuo soccorso che stanno spontaneamente sorgendo in questi giorni. L’organizing dell’entusiasmo sta avvenendo spontaneamente, in larga parte indipendente da Stato e partiti politici. Attraverso questi gruppi, molte persone stanno conoscendo per la prima volta i loro vicini, riscoprendo le pratiche di base della solidarietà. Mentre il loro compito immediato è quello di aiutare le persone a sopravvivere nei prossimi mesi, nel futuro, quando le serrate saranno terminate, queste esperienze potrebbero benissimo essere la base del rinnovamento democratico. 

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